sabato 28 luglio 2007

IMPARIAMO UN PO' DI JUDO: LE TECNICHE


Le tecniche
Lo scopo delle tecniche utilizzate nel judo è sbilanciare l'avversario per farlo cadere al suolo: ciò è chiamato Nage waza (tecniche di proiezione). L'apprendimento è strutturato secondo un sistema chiamato Go kyo che ordina 40 tecniche in 5 classi in base alla difficoltà di esecuzione e alla violenza della caduta. L'arte di proiettare l'avversario al suolo dalla posizione eretta è definita Tachi waza e si suddivide in tre categorie:
tecniche di braccia: te waza
tecniche di anca: koshi waza
tecniche di gambe: ashi waza
Abbiamo poi le cosiddette tecniche di sacrificio: sutemi waza, dove il praticante accetta di perdere il suo equilibrio per fare cadere il suo avversario. Queste a loro volta sono suddivise in:
sacrificio sul dorso: ma sutemi waza
sacrificio sul fianco: yoko sutemi waza
L'ultimo gruppo di tecniche è chiamato Atemi waza,o l'arte di colpire l'avversario e si divide in:
attacchi con gli arti superiori: ude ate
attacchi con gli arti inferiori: ashi ate
La pratica di queste tecniche è effettuata nei Kata (forme preordinate) e comprende anche tecniche basilari di attacco-difesa da coltello, bastone, spada e pistola. Una volta l'avversario a terra, si può applicare una tecnica di immobilizzazione, osae-komi waza, di strangolamento, shime waza, o una leva, kansetsu waza. La lotta a terra viene chiamata Ne waza.

Happo-no-kuzushi
Il termine significa "le 8 direzioni di squilibrio" nelle quali il baricentro del corpo dell' avversario è spostato rispetto alla posizione naturale. Sono disposte idealmente a mò di rosa dei venti, ossia verso l' avanti, indietro, laterale e le due diagonali.

Tsukuri e Kake
La possibilità di poter eseguire con successo una tecnica di proiezione è fondata sull' ottenimento di uno squilibrio dell'avversario mediante azioni di spinta, trazione, prese sulla giacca, azioni che devono essere sempre ben calibrate e mai eccessive, per non dare la possibilità all' avversario di poterne approfittare. Far perdere la posizione o l' equilibrio, ottenendo cioè una delle 8 situazioni descritte, è denominato Tsukuri, ovvero "costruzione, preparazione". Solo dopo che tramite azioni di tsukuri si è riusciti a pervenire ad un kuzushi è possibile attaccare l' avversario con una tecnica efficace e idonea all'opportunità creatasi. Tale operazione è chiamata Kake o "applicazione".

Principi di esecuzione delle tecniche
SEN, l'iniziativa
GO NO SEN, il contrasto dell'iniziativa
SEN NO SEN, l'iniziativa sull'iniziativa
Il principio SEN è tutto ciò che riguarda l'attaccare un avversario (kake) mediante tecniche dirette o concatenate (renraku waza,successione).SEN si applica in primo luogo tramite azioni di tsukuri mirate a sviluppare l'azione mantenendo l'iniziativa, continuando ad incalzare l'avversario con attacchi continui atti a portare l'avversario in una posizione vulnerabile che permetta di attaccarlo con la tecnica preferita (tokui waza)
Il principio GO NO SEN si attua con l'uso dei bogyo waza (tecniche di difesa). Dette tecniche, applicabili subendo un attacco per contrastarlo, vengono suddivise in CHOWA (schivare), GO (bloccare), YAWARA (assecondare).Scopo delle tecniche di difesa è recuperare una posizione che permetta di controllare la situazione o di condurre un attacco.
Il principio SEN NO SEN riguarda la controffensiva che tori (colui che agisce) sviluppa nell'istante in cui sta per partire l'attacco avversario.Dal momento che uke (colui che subisce) si trova seppur involontariamente in una posizione di precario equilibrio a causa del suo tentativo di tsukuri, occorre anticiparlo prima del suo kake.L'assidua pratica nel randori (combattimento libero) è fondamentale per sviluppare la capacità di percezione delle azioni dell'avversario. Tale principio realizza il KAESHI , espressione di un modo evoluto di condurre il combattimento in cui si lascia volutamente l'iniziativa all'avversario ma sempre controllando le sue azioni fino a cogliere l'attimo in cui applicare la controtecnica.
Bloccare, schivare o assecondare un attacco, cioè utilizzare una tecnica di difesa, può metterci nella condizione di poter condurre con successo un nuovo attacco nei confronti dell'avversario, ma è solamente anticipando l'azione nemica che si realizza correttamente un kaeshi.Negli altri casi, è più corretto parlare di contrattacco (giaku geki) piuttosto che di controtecnica (kaeshi waza), quantunque a scopo didattico si preferisca utilizzare sempre il termine kaeshi riferendosi alle azioni di attacco-difesa, allo scopo di non generare confusione negli allievi introducendo un concetto di dubbia comprensione.
In altre parole, si ha un kaeshi quando ad un attacco dell'avversario corrisponde un attacco immediato che lo sovrasta, mentre un contrattacco prevede l'utilizzo di una difesa (chowa, go, yawara) prima di eseguire la tecnica voluta.Per quanto veloce possa essere l'esecuzione, c'è sempre un attimo di rottura nell'azione: nel caso del kaeshi, questa rottura non esiste perché la controtecnica anticipa l'azione dell'avversario prima che questi abbia potuto dispiegare per intero il proprio attacco.

LA PALESTRA DELLA U.S.MUGGESANA JUDO





SIGNORI E SIGNORE ECCO A VOI LA PALESTRA O SE VOLETE CHIAMARLA CON TERMINI TECNICI IL DOJO DELLA U.S MUGGESANA. RICORDIAMO A TUTTI I VISITATORI DEL BLOG CHE LA PALESTRA SI TROVA A MUGGIA ,IN VIA BATTISTI 14.IN UN AMBIENTE MOLTO FAMIGLIARE E RICCO DI RICORDI , TUTTI GLI ATLETI SVOLGONO CON PASSIONE , IMPEGNO E PERCHE' NO DIVERTIMENTO TRE ALLENAMENTI SETTIMANALI. LA PALESTRA E' FORNITA DI DUE SPOGLIATOI (MASCHI E FEMMINE) CON RELATIVI SERVIZI.VI ASPETTIAMO NUMEROSI NELLA NOSTRA PALESTRA PER L' INIZIO DELL'ANNO SPORTIVO .DIMENTICAVO, IN UNA FOTO SI VEDONO, PRONTI AD INIZIARE L'ALLENAMENTO DUE ATLETI DI PUNTA DELLA SOCIETA' GIACOMO E SIMONE, TEMERARI E CORAGGIOSI NELLO SFIDARE IL SOFFOCANTE CALDO DI LUGLIO, BRAVI. CHE PASSIONE RAGAZZI..............!!!!!

venerdì 27 luglio 2007

LA U.S. MUGGESANA CONSIGLIA IL JUDO PERCHE':




Dr. Raffaele D'Errico medico-chirurgo specialista in pediatria



il judo
Il judo, l'arte di educare i bambini



Lo sport un evento importante per il bambino
La pratica dello sport nel bambino rappresenta un evento molto importante soprattutto se visto come fonte di divertimento e benessere psicofisico. Nelle nostre odierne città claustrofobiche lo sport, oggi più che mai, rappresenta un impegno significativo per favorire lo sviluppo armonico dell'organismo e della sua coordinazione, con effetti benefici sulla circolazione del sangue, sulla respirazione, sullo sviluppo psicologico e sociale.
E' importante, però, considerare che la scelta del tipo di sport da far praticare al proprio bambino dovrebbe essere fortemente condizionata dalla sua personalità, cosicché sarebbe auspicabile uno sport di squadra in ragazzi timidi, introversi, ansiosi e con difficoltà a stabilire rapporti interumani o anche per quei bambini leader o onnipotenti, perchè un simile indirizzo potrà essere utile per ridimensionarlo. Un bambino molto vivace e/o aggressivo, invece, dovrebbe essere indirizzato verso un'attività sportiva che necessiti di un alto dispendio di energie ma che, nello stesso tempo, abbia regole da rispettare (come il calcio, il rugby, la pallacanestro), per finalizzare la sua esuberanza. In questo caso, fra le tante attività sportive, le discipline orientali, come il judo e il karate, sono fortemente consigliati perchè favoriscono una costante ricerca di equilibrio e di perfezione nei movimenti, nel rispetto dell'avversario.
Il judo è uno strumento per cambiare il mondo!
La mia personale esperienza sul campo, da pediatra e judoca cintura nera di 1° Dan, è che il Judo rappresenti non solo uno sport, adatto sicuramente a tutti i bambini, ma una filosofia per insegnare a vivere.
Un mio collega pediatra, ben più noto di me, e cintura nera di judo di 3° Dan, Marcello Bernardi, afferma: "Il judo è uno strumento per cambiare il mondo! Sostengo infatti questa una tesi: che il mondo debba essere cambiato. L'uomo ha percorso, da sempre, la strada dell'avidità, dell'idolatria del denaro. Da quando l'umanità ha scelto il vitello d'oro, la parola d'ordine è "badare al sodo", alla imitazione di padroni e campioni, a far conti, a rafforzare la propria immagine, a guadagnare e a prendere. Il nostra corpo è diventato merce, la nostra mente si è trasformata in un registratore di cassa, il nostra cuore è stato imbavagliato. E il prezzo da pagare è la paura. Abbiamo paura di tutto: della sofferenza, della malattia, della morte, della povertà, della solitudine, del mondo. Per dirlo con le parole di Cesare Barioli: il cuore è lo spirito, l'anima, il centro di coscienza che può essere seppellito da un'educazione tendenziosa. La mente è un magazzino/strumento che archivia immagini; dovrebbe essere al servizio del cuore, ma in realtà è spesso influenzata dal corpo. Quest'ultimo è una comunità di cellule sotto il controllo del cuore. Nel judo, cuore, mente e corpo si unificano, cioè si concentrano su un principio morale che si sintetizza nel "migliore impiego delle energie.

Il Judo: uno strumento per educare
L'idea fondamentale alla base del judo - continua Bernardi - è arrivare a dare incondizionatamente, senza nulla in cambio. "Tutti insieme per progredire", affermava il suo fondatore. Perché facendo judo miglioro me stesso per essere utile agli altri. Il judo è una strada per arrivare a questo, perché permette di conquistare il vuoto della mente e quindi di entrare in sintonia con il cuore. Dopo anni di parcellizzazione del bambino e della pediatria, la nuova generazione di pediatri sta recuperando il senso clinico, cioè l'impiego della ragione. Sta recuperando la visione di insieme del suo piccolo paziente. E in questo, quindi, anche i giovani pediatri sarebbero facilitati dalla pratica del judo.

Nella mia vita ho imparato metà dai bambini e metà dal Judo
Il bello è che ho imparato le stesse cose da entrambe le parti - continua Bernardi. - É vero. Da quando ho iniziato a fare il pediatra, cinquant'anni fa, avrò visto venti, trentamila bambini. Ho cercato di osservarli, di capire la loro realtà, la profondità del loro dolore, la loro benevolenza. Ho vista un bambino rincorrere uno scorpione per accarezzarlo, e un altro (era maggio del '45 in un paesino di rifugiati prima dell'arrivo degli americani) dare del pane ad un cane de!le SS addestrato ad uccidere. I bambini sono leali, sinceri, generosi, non hanno paura, non conoscono la viltà; siamo noi che con la pretesa di "educarli", insegniamo loro ad aver paura, ad essere vili, a diventare furbi.
Dal judo ho appreso la sincerità, l'armonia, la decisione, il coraggio, il rispetto. Pensiamo al senso del colore della cintura: non è un grado, una gerarchia, ma un segnale di rispetto, un avvertimento sulla preparazione di chi la indossa. Di fronte ad una cintura gialla o marrone, so come comportarmi, cosa posso o non posso fare. Il judo insegna la generosità, elimina l'astio, il rancore, l'ansia di vincere".

Il bambino prima di tutto, il bambino al centro
È questa la grande svolta della pediatria di cui Marcello Bernardi è stato promotore. "Quarant'anni fa il bambino era un oggetto. Lo è ancora, ma c'è una differenza: è cambiata la collocazione. Era un oggetto da tutelare e far crescere uguale agli altri, omologato; ora è esattamente la stessa cosa, ma è stato messo su un piedistallo come un feticcio. Il bambino di oggi è uno status symbol: per lui si vogliono i migliori vestiti e le migliori scuole, lui deve essere il più nutrito, il più bello. Si può essere disposti a dare la vita per lui, ma rimane pur sempre un oggetto. L'idea che sia una persona con diritti più grandi di quelli degli adulti e con doveri irrilevanti (perché ha pochi strumenti a disposizione), non ci sfiora. I genitori dimenticano troppo spesso di essere solo la "freccia che lancia i propri figli verso case future che neppure in sogno potranno visitare. Dimenticano che il mestiere del bambino è andare verso il mondo e il loro è aiutarlo ad andarsene.

Il judo potrebbe insegnare anche ai genitori...
Come svolgerlo, allora, questo difficile mestiere? Fare i genitori significa uscire da se stessi, non contare più come persona. Abbiamo dato vita a un nuovo essere e siamo totalmente al suo servizio. Il genitore è prima di tutto un modello di cui il bambino ha bisogno, in cui crede ciecamente (gli esperti parlano di "fiducia primaria"). Per il bambino, tutto quello che il genitore fa è sacrosanto, "deve" essere fatto così. Ma sono i comportamenti quotidiani che contano: le nostre amicizie, i nostri gusti, i nostri atteggiamenti educano.
Non ho mai vista un maestro di judo mettersi in cattedra a emanare leggi e regolamenti. No, vive sulla materassina, mostra, fa vedere.

Che ruolo hanno l'obbedienza, le regole?
Nessuno. Aveva ragione Don Milani: l'obbedienza non è una virtù. Mi pare piuttosto che sia un'abdicazione alla propria dignità, alla qualità di esseri umani. Una forma di alienazione da se stessi. Perché quando c'è è suggerita dalla paura. Di essere abbandonati, disapprovati, puniti. L'obbedienza implica omologazione, un mostro che incombe anche sulla scuola dove sopravvive la convinzione che l'obbedienza sia una virtù. L'educazione è uno scambio, un modo di esistere, di fare, di affrontare la vita. La vera scuola non è quella, grottesca, fatta di programmi uguali per tutti e di classificazione, in cui non si va per ricevere, ma per diventare primo della classe. Il sistema scolastico, così come è strutturato oggi, è valido solo per creare egoisti. Non dimentichiamo che il mondo sociale del bambino non è per lui uno dei mondi possibili, ma l'unico. Così il primo della classe o l'asino dovranno mantenere con ogni mezzo il loro rango. Il primo sarà perciò indotto a recitare sempre la parte del "superiore" e il secondo a ricorrere a ogni truffa pur di sopravvivere. É la cosiddetta teoria dell'etichettamento in cui tutte le energie sono convogliate per tenere in vita il personaggio definito dall'etichetta. Un'ottima introduzione al più spietato egoismo.
Passiamo alle regole. Sono uno strumento per convivere civilmente, ma non vedo come possano avere a che fare qualcosa con l'educazione che si vale di ben altri strumenti come l'affetto, il rispetto, la libertà. Questo non vuol dire che le norme vadano escluse, ma che ne vada esclusa l'imposizione, questo sì. Ci sono alcune norme tecniche inevitabili (il bambino non può giocare sul davanzale del balcone all'ottavo piano), ma non educative. L'importante è che non diventino antieducative. Che non costituiscano cioè una minaccia, un ricatto affettivo, un'imposizione e, soprattutto, che non siano troppe o ripetute troppo spesso. Anche di parole ci può essere inflazione: quando sono troppe, non valgono più nulla".


Tratto da www.comune.genova.it
PER SAPERNE DI PIU'...


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Dal Dojo alla famiglia alla società
Un progetto nazionale dove il Karate diventa un "intervento" nell'ambito di una serie di problematiche dell'età evolutiva e adolescenziale, soprattutto disabilità socio-cognitive come il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, l' Autismo, la Fobia sociale, i Disturbi dello spettro ansioso-depressivo, l'aggressività e i comportamenti di esternalizzazione...
Leggi il progetto sul sito dell'AIFA onlus



giovedì 26 luglio 2007

JUDO LE ORIGINI



Jūdō
( Nella foto Jgoro kano)

Il Judo (in giapponese: 柔道 Jūdō) è un'arte marziale, uno sport e una filosofia giapponese. È anche una disciplina per la formazione dell'individuo nel senso morale e caratteriale. È diventato ufficialmente disciplina olimpica nel 1964, a Tokyo, e ha rappresentato alle Olimpiadi di Atene 2004 il terzo sport più universale, con atleti da 98 paesi.


« Il judo ha la natura dell'acqua che scorre per raggiungere un livello equilibrato. Non ha forma propria, ma prende quella del recipiente che la contiene; è permanente ed eterna come lo spazio ed il tempo,è indomabile e penetra ovunque. Invisibile allo stato di vapore, ha tuttavia la potenza di spaccare la crosta della terra. Solidificata in un ghiacciaio ha la durezza della roccia. Rende innumerevoli servigi e la sua utilità non ha limiti. Eccola, turbinante nelle cascate del Niagara, calma nella superficie di un lago, minacciosa in un torrente o dissetante in una fresca sorgente scoperta in un giorno d'estate. »
(Gunji Koizumi, 8° dan (1886-1964))
Il termine jūdō è composto da due kanji (caratteri cinesi): 柔 (jū, adattabile, flessibile) e 道 (dō, la via) e significa qualcosa di simile a "Via della flessibilità"; con questo, si cerca di spiegare che il modo per vincere una forza non è opporvisi, bensì il contrario, sfruttandola e dirigendola per il proprio fine. Sotto il peso della neve i rami del salice si flettono in modo da poterla scaricare a terra e riprendere cosi la posizione naturale, al contrario della "robusta" quercia che finirà invece per spezzarsi. Il tema dell'assecondare la forza nemica è fondamentale nella cultura del guerriero samurai, poiché riprende uno dei concetti espressi talvolta nel buddhismo e soprattutto nel classico cinese detto "Libro dei Mutamenti" (Yijing) che afferma che l'universo è regolato da correnti di forza e che occorre incanalarsi in queste correnti applicando la forza minima necessaria ad ottenerne il controllo. Opporvisi invece non porta alcun risultato poiché si resterebbe privi di energia.
Il jūdō si appoggia su un codice morale instaurato da Jigorō Kanō che esalta otto qualità essenziali che il judoista (o judoka) deve sforzarsi di avvicinare durante il suo apprendistato:
L'educazione
Il coraggio
La sincerità
L'onore
La modestia
Il rispetto
Il controllo di sé
L'amicizia

martedì 24 luglio 2007

U.S. MUGGESANA JUDO ISCRIZIONI ANNO 2007-2008




FIJLKAM

U.S. MUGGESANA JUDO
Dal 20 agosto sono aperte le iscrizioni per bambini a partire dai 5 anni – ragazzi – adulti per l’anno sportivo
2007 – 2008
Le lezioni inizieranno il 17 settembre dalle ore 18:00 alle ore 19:00 *
Per maggiori informazioni recarsi presso la sede in via battisti n°14 muggia tel. 040330282, nei giorni lunedì – mercoledì – venerdì dalle ore 19:00 alle 21:00.
*per i più piccoli e’ previsto un orario dalle 17:00 alle 18:00.